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e poi ancora scritti.
"Preferisco il ridicolo di scrivere poesie al ridicolo di non scriverle" (Szymborska)
Alice, Age, 26
Costantemente alla ricerca di qualcosa.
Ci sono momenti in cui il passato può risultare superfluo. Un peso. Una maglia sudata.
Il superfluo è sempre pesante, anche se non sembra.
Questa sera ho pensato nuovamente di cambiare template a truth, dargli un'altra veste, un'immagine nuova. E non l'ho mai curato come avrei voluto.
Ma no, lo lascerò così.
Ho deciso di chiudere Truth e di passare ad altro.
Qui si rincorrono archivi, anni, mesi... forse troppi.
Odio gli archivi. Le cose dovrebbero essere come i miei cassetti, dove bollette e multe sono accatastate con appunti, fotografie qualche pacchetto di sigarette dimenticato.
Lì vive un caos disorganizzato. Un caos fatto di emicrania solo per il tentativo di trovare qualcosa.
Così ordinati fra di loro, sono inaccessibili anche per me.
Non riesco più a capacitarmi di questo ordine, se poi in effetti ordine non ce n'è mai stato in tutti questi anni... e ne prendo le distanze.
Forse non sai che la vita è più preziosa sulla strada, ed bene a volte perdere qualsiasi riferimento, pure la giacca dimenticarsela su una poltrona rossa... da quanto non ti dimentichi una giacca? Il rosso mi piace. Mi è sempre piaciuto. Che bello perdere qualcosa lì dentro, dentro quel colore. Così ieri sera ho proprio voluto dimenticarmela. Questa giacca. Non sarebbe successo niente, se proprio lui non me l'avesse riportata. Dico, io: la mia giacca su una poltrona rossa. Stavo pensando proprio ad altro quando sono entrata, ma proprio ad altro. Ridevo, ballavo, rovesciavo qualunque bicchiere sul muro ed il mio migliore amico si specchiava lisciandosi le soppraciglia. Eravamo arsi dal caldo. Sudati. Marci. Belli? Per niente. Le scarpe slacciate, i soldi in mano, le monete nelle tasche. Poi l'ho visto. Era addosso ad il bancone. L'aria stanca, forse. Un'aria che proprio mi ricordo a malapena. Stranamente... Inciampando forse ho fatto tenerezza, o forse si vedeva che avevo perso qualsiasi cognizione... Da quando mi sono dimenticata la giacca, da quando mi sono tolta il maglione, da quando volevo togliermi anche la maglietta, da quando non mi staccavo più dal suo braccio. Ed inventavo scuse, addosandogli pure la precarietà delle mie parole, del mio stato. Ridicola? Credi? Il ridicolo è chi ha paura di ciò che ha davanti, di chi non capisce proprio niente di se stesso: come te, del resto. Ah... se solo vedessi qualcosa di più da un palmo dal tuo naso... probabilmente non avrei fatto finta di dimenticarmela.
A volte il camminare può portare a perderti, a lasciare cose scontate... come le macchine o... un sacchetto di plastica gonfiato dal vento.
Non c'è niente che vada male qui, in questo palazzo: solo un pugno fermo nello stomaco, che mi fa gemere.
Come spiegarti, Fratello che quello che ti ho dato... era come dipingere un bellissimo campo spazzato dal vento, che ora ti gonfiava la giacca, che ti faceva biascicare un qualcosa...
Ma è sempre stato tardi. Era inutile uscire di casa alle sei di pomeriggio. Vedi, mi ha portato ad altre sei del pomeriggio sempre uguali... e lì che cercavo i locali dove il vino scadente costasse davvero poco.
Quel liquore in alto nella credenza, capace di farti perdere il senno e poi la memoria.
Quei sigari raffinati che bruciavano gli occhi.
Arrivavano sempre le sei del pomeriggio di domenica, e poi più si andava avanti con le stagioni... più il sole, le giornate sempre più chiare e quei parchi che si riempivano di persone, famiglie coi bambini... coi panini...
Coi succhi di frutta.
Io ubriaca di vino. A terra. Un ginocchio lacerato.
Non ho più voglia di spiegarti niente adesso.
E' come se non avessi più forza di stare in piedi.
O come se ne avessi così tanta, da riuscire a farlo senza il tuo braccio.
A volte ripenso a tutti quei sogni prima del temporale. Tre cani sul prato e vent'anni sdraiati. Un paio di occhi ed altri a guardarmi. Il temporale. Un viaggio. Qualche promessa. Nessun ritorno. Decisi di andare verso il villaggio vicino al mare. E lessi una cartina rovesciata. Partiva da un'albero di ciliegie rosse piene d'insetti verdi smeraldo. Ronzavano e sudavano. Ronzavano e cantavano. Io correvo sentivo una musica dal paese in alto, fermai qualche passante, mi dicevano che dovevo affrettarmi, c'era una festa. Il cammino era ciottoloso, brillava un sole di tarda primavera, mi pettinavo i capelli mentre correvo, pensavo alle ciliegie lasciate sulla pianta anch'esse a ronzare. I ciottoli erano bagnati, scivolosi. Tutti erano a piedi nudi, non conoscevo nessuno e non potevo vedere nient'altro che gente, farsi avanti verso le tavole imbandite. Una bambina faceva rotolare un cerchio giu da una discesa, aveva i capelli neri in trecce ed incrociò il mio sguardo prima di sparire a cavallo del suo gioco.
Quando arrivai in cima alla salita il profumo di pane aveva invaso la piazza. Ma non avevo soldi per mangiare. Così toccavo i sassi caldi dal sole, e mi sembrava di avere del pane bruciato e duro fra le dita. Poi mi ricordai che non si poteva giocare... non con quello con cui potevo sfamarmi. Allora, mangiai il sasso. Sapeva davvero di pane.
"Potessi avere io la turbolenza, la propensione al morso e alla pazienza, la libertà di scorgere e picchiarti, la libertà di dire che oggi basta: ritorno alla mia patria, al nido che mi spetta. E’ la tua carne il posto delle vigne fragole e moti della stessa porta che ci ha distrutto l’uno avanti all’altra, è lì che avrei dovuto riposare, per tutta questa vita che mi imprimei succhi della rima e l’assonanza, è lì che avrei dovuto amoreggiare con la domanda antica della gioia…"
L'arancione sconsolato della mia mela appassita, sul comodino da tre settimane. Si ritrae verso il suo nocciolo, con una lentezza consumata e calcolata... si ritrae, finisce... ritorna ad essere seme, pelle priva di sostanza. Tutto parte dal seme e tutto ritorna a quello. Pensieri accavvallati, mele sbiatide... mani che toccano mele, carne, denaro. Vorrei una camera priva d'umanità e piena di qualsiasi tenerezza. Qui piove da due giorni. Non sento nessun dolore, a parte una fitta alla schiena, qualche volta e richiami a cose vecchie che voglio dimenticare in fretta.
La forza... andata... il mio gatto sotto le caviglie, si struscia forse capisce... come me, il silenzio per un mese, l'assenza... Starò con le braccia piegate sul cuore mentre nevica fuori... un dito nelle tue lebbra, più belle di qualsiasi altra immagine. Te l'avranno già scritto stasera? Penso di sì. Ma, dormi. Tu dormi. Farò qualcosa per te... sei vicino come non mai... sarà il vino... ho ballato pensando al tuo dolore. Non ho parole. Non posso trovare parole.
23.1.09
9:44 PM
Calma... un appunto d'estate
Ho conosciuto un vecchio ostinato alla locanda:
diceva che anche il vento può smuovere pietre.
Si parlava di sassi, quasi insignificanti
e lui, distratto dal vino, mi consigliava di andare
su una panchina stanotte.
Di non rincasare così presto.
Diceva che i suoi occhi erano velati
dalla cataratta, ed aveva perso gli occhiali
già sei mesi prima di perdere il senno,
ma voleva per forza, un paio di sandali uguali ai miei.
Le case editrici Libraria Padovana Editrice (Padova) e Chelsea Editions (New York), in collaborazione, intendono promuovere la visibilità a giovani poetesse italiane (max 35 anni) e hanno incaricato Elisa Davoglio di coordinare la collana di plaquette “Donne in poesia”: 16 pagine (cm 10,5x14,8 - A6) con relativo codice Isbn. La pubblicazione è completamente gratuita. A ogni autrice verranno inviate 10 copie e 200 verranno diffuse tra critici letterari, riviste, case editrici e pubbliche manifestazioni con relativo indirizzo di posta elettronica delle autrici. Alice Stoppini partecipa con dieci poesie ed ha già acceso 10 ceri in chiesa....
Curarmi? Ci vorrà tempo, e qualche zolletta di zucchero. Un passo, poi un altro, ma lentamente. Voglio ridere e bere tanto caffè caldo, in tazze giganti, scottarmi le mani sollevandole tutte. Fuori? Che mi importa di fuori. Ma ci sarà sicuramente il sole e qualche bella sorpresa. O forse no, sarà buio. Buio a strati. Sarò al caffè, in piazza, dentro al mio maglione più caldo. Quella domenica. Ogni cosa sarà al suo posto. Tu al tuo. Io al mio. Lontani entrambi.
"Arrivano suicidi e follie. E io non so davanti a chi risponderò di questo mio tempo, del modo in cui lo perdo."
Francesco Biamonti ha scritto questo libro che sembra una fotografia: Liguria al confine con la Francia. Tutto sviluppato in color seppia. Personaggi che si incontrano in bar di paese, paesi diroccati in cima a montagne, fra ulivi, mirti e mulattiere. Un pezzo di tempo confinato a chi ancora vive in quei luoghi. Discorsi di guerra, di confine e vino per scappare dai ricordi più pungenti. Poi, il mare, sempre il mare... un giorno vorrei tornare ancora per vederlo e domandare a qualcuno, quante volte lo guarda al giorno. In questo racconto non c'è pagina dove non sia presente. http://www.francescobiamonti.it/
Ho tagliato i capelli e non rispondo più ai messaggi.
Una notte alla settimana giro per le strade della mia città di provincia, perchè ho fame d'aria. Non ho voglia di ricordare e nemmeno voglia di cercare qualcosa.
Ho il preconcetto da sempre che quel qualcosa andrà a finire male.
Quindi è meglio, starsene così:
un gatto che respira forte,
mio padre che fuma l'ennesima sigaretta,
mia madre annoiata.
Ancora un pò di sogni, fra le piastrelle di un pavimento.
In questa casa, un venerdì di riposo.
Io, dormo da un pò.
Domani indosserò la mia camicia bianca, perfetta,
i miei pantaloni neri, e le mie scarpe intonate con la cintura.
In un negozio, vicino al paese che troppe sere mi ha visto ubriaca
o felice, o triste... forse semplicemente innamorata di qualcosa, qualcuno... un'idea.
Già, semplicemente un'idea.
Ma non sono triste.
Davvero, non lo sono.
Domani ho molto da fare, con la mia camicia ed il mio bel sorriso... piegare, pulire, dire buongiorno. Aspetterò la sera per uscire come quando avevo 16 anni.
Adesso rimango un pò in disparte, come in questa notte... a volte osservo. A volte semplicemente torno a casa per sognare, in pace, con questo gatto che mi sveglia ad ogni respiro. E l'odore in cantina delle sigarette...
Famiglie, case, questioni, denaro.
In alto una luna limpida, enorme.
Silenzio.
Il passato lo posso trovare solo, sui solchi del mio corpo, che dimagrisce, si fa bello, poi invecchia.
Negli occhi l'ombra di collinere nere prima dell'autunno.
Poi basta. Non c'è più niente.
Il resto sono odori. Lettere. Piccoli nomi d'uomini e di donne.
T. Coraghessan Boyle ed il suo "Se il fiume fosse whisky." Recensito come "Mi sono seduto a leggerlo e l'ho finito tutto. Poi ho scoperto che il mio aereo era partito." Niccolò Ammaniti aveva anche fumato prima di voltare la prima pagina. Non che non passasse... il libro. Ma in sua cartacea compagnia è il tempo quello che non trascorre. Consigliato a chi ha una vena romantica mummificata.
Ho i denti che mi fanno male per aver morso il braccio di chi mi teneva. Poi sono scappato. La notte, quella notte, era fatta di luci, di lampioni ed urla intorno al paese. Nessuno poteva tornare a casa. Mi trovai al mattino, a casa mia, mentre tremavo sotto la doccia, senza più fiato a chiamare al telefono qualcuno che potesse, almeno... venire ad aiutarmi. La segreteria era muta. Il mio gatto mi guardava in fonto al letto. Avevo i piedi tumefatti, gelidi. Poi un messaggio, uno solo. E quello diceva che basta, era la fine, non poteva più vedermi. Così, un messaggio capisci? Come fossi l'ultima cosa... come fossi stata l'ultima cosa da lasciare morire in quel fottuto sabato mattina. Chiamai un vicino di casa. Chiamai un dottore. Urlai forte e spaccai il tavolino di vetro per terra. Non smettevo di tremare. Poi chiusi gli occhi. Anche quando una luce mi si ficcava di forza sotto le palpebre e delle dita me le tenevano aperte. Io pensavo alla pace. Che niente mi era importato fino ad allora. E mi dissi, che alla fine era giusto che tutto andasse a finire così... Da quel giorno lì non mi sono chiesto più niente. Qui si rischia di fare una brutta fine per un pò di solitudine forzata.
Dopo aver usato ed abusato per anni dei prodotti Nescafè, finalmente il riscatto... su http://nescafe.it/ "City Tellers". Si tratta di un concorso letterario. Chi partecipa deve scegliere uno degli incipit scritti da Andrea G. Pinketts e scrivere un racconto il cui tema sia la città. Il vincitore potrà essere pubblicato su Zero Magazine e riceverà 500 € in buoni FNAC. Alice Stoppini partecipa sperando di spendere tutti i buoni in caffè solubili.