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e poi ancora scritti.
"Preferisco il ridicolo di scrivere poesie al ridicolo di non scriverle" (Szymborska)
Alice, Age, 26
Costantemente alla ricerca di qualcosa.
Voglio raccontarti di un sogno: un amico ubriaco, un barista ciccione e fuori la guerra. La guerra vera, con bombe, cecchini, stupri e bambini senza gli occhi per strada. In tutto questo una felicità sgraziata, di cercare un locale dove c'era buona musica. Lì degli zingari... almeno, sembravano tali. C'era un uomo, aveva una sciarpa al collo ed in testa, parlava una lingua fatta di seghi e croci con le mani sopra il petto. Sembrava avesse paura, di qualcosa... ma non di morire. Vicino a lui, sua moglie. In festa. Diceva che stava vedendo tutti i suoi antenati, e che avrebbero chiamato altra gente per festeggiare finalmente la fine del mondo. C'erano anche delle ragazze che ridevano e poi in piazza avrebbero ballato. Io non mi reggevo in piedi. Sognavo d'essermi drogata... Così mi avvicinai a quell'uomo ed aveva gli occhi più belli che avessi mai visto, non ricordo neanche il colore o la forma... ma so che erano belli, senza nome. Ma dovevo andarmene da lì. Prima che tutto finisse. Dov'era mia madre? Mio padre? I telefoni erano muti da un bel pezzo. Ma rubai una macchina. Non riuscivo a fare la salita che portava alla strada principale. Aveva le gomme a terra, senza un finestrino ed ero drogata... le forme... i colori. Poi, finalmente... la strada, l'autostrada, ponti distrutti, cavalcavia squarciati e casa mia. I miei genitori ancora vivi, barricavano le finestre, ma nessuno di noi doveva rifugiarsi in cantina. La notte ripresi la strada che avevo lasciato e camminando tornai alla periferia del paese, dove si erano accampati gli stranieri che avevo incontrato. Lì le ragazze, variopinte, non la smettevano di ballare e tante fiaccole erano accese. I bidoni incendiati, pure le macchine. Il fumo faceva lacrimare gli occhi, ma la musica non smetteva. "Non sarebbe mai smessa." Mi disse, dietro le spalle, l'uomo dagli occhi che non ricordo. E sorrideva.